Racconti erotici

Attese distese

Sdraiata sul letto nel tardo pomeriggio godo del refrigerio del condizionatore. La camera è in penombra, quasi al buio che la luce è calore in estate, anche quando non batte il sole. Sto ad occhi chiusi in attesa, ad ascoltarmi respirare. La doccia ha lavato via il sudore di una giornata, due viaggi, un lavoro, commissioni. Ora ho fatto tana e non mi muovo più. La chiave nella toppa, la porta che cigola e poi sbatte, il passo del Padrone. Chiavi sul tavolo, frigo che sia apre, tintinnare di bottiglie, la porta del bagno, rubinetto, sciacquone… peccato!
Immobile aspetto di vederlo entrare in camera, salutarmi, baciarmi, guardarmi nuda distesa coi piedi sui cuscini, anche il suo, per sfida.
Non accende la luce ma dal corridoio filtra. Non saluta e non bacia, ma guarda. Si sofferma sul mio piede destro appoggiato al suo cuscino. Gli sorrido sorniona con la testa rovesciata. Non ricambia. Fa il giro del letto mi afferra l’alluce e sposta il piede dal guanciale.
Squilla il mio cellulare.
“E’ la telefonata di lavoro che aspettavo, non sarà una cosa breve…”
Lui non risponde, mi allunga il telefono da sopra il comodino e comincia a spogliarsi. Io rimango a fissare il soffitto parlando al cellulare, giocando a spostare i cuscini coi piedi. La sua presenza nella stanza diventa sottofondo, finché non mi ricorda che non devo dimenticarlo. Mi allarga le gambe tirandomi verso il bordo del letto e tuffa la testa nella mia figa. Mi si tronca la frase a metà, mi sfugge un urlo di sorpresa, mi scuso al telefono “no, nulla, sono scivolata.” Sgrano gli occhi e lo guardo mentre la sua lingua fa il giro delle mie grandi labbra. Mi solleva le gambe piegandole sul petto e ogni movimento provoca sussulti da nascondere al microfono. Mi fissa sorridendo ora, ma non di cortesia. Riprendo a parlare ostentando calma, scegliendo le parole come avessi smarrito improvvisamente il vocabolario. In ansia aspetto il momento in cui si getterà sul mio clitoride e lui, per farlo, aspetta il momento in cui porterà maggior danno alla mia conversazione e di nuovo mi si strozza la voce e tossisco forzata per dissimulare. Dall’altro capo del telefono inizia un lungo monologo che chiarisce date, orari, sequenze di eventi, nomi, luoghi. A malapena riesco ad annuire, figuriamoci a capire. Non dover parlare argina i danni, ma il Padrone smette di leccarmi e avvicina il suo cazzo alla mia figa aperta. Scuoto la testa pregandolo con gli occhi di non infierire, come se non sapessi di ottenere l’effetto opposto. Ingenua… Forse. Inizia a scoparmi con colpi decisi ed ad ognuno sussulto e devo tapparmi la bocca da sola per non farmi sentire al telefono. Mi toglie la mano, la blocca sul letto, allontano il cellulare dalla bocca. Un suono indistinto di parole all’altro capo. Ogni tanto annuisco all’apparecchio tra un sussulto e l’altro. Poi finalmente si tace. Saluto veloce pregando di inviare un promemoria scritto, “vedi mai mi sia sfuggito qualcosa”. Nel momento in cui spengo il cellulare, Lui smette di scoparmi e si sfila da me. Ci vogliono scuse e preghiere e moine perché infili due dita nella mia figa e inizi a frugare fino a farmi squirtare.
Domani leggerò la mail al lavoro.

Dissertazioni genitali

Aperitivo biondo

IMG_5325Ha rasato i capelli così corti che le si vedono un paio di sensualissimi nei subito sopra l’orecchio. Sottili i capelli della mia biondina lasciano intravedere il cranio. Sudata e trafelata da una corsa estiva per raggiungere il bus che condividiamo da un anno. Le leccherei le gocce di sudore che le rigano la nuca, mentre usa un fazzoletto per asciugarsi scusandosi della “condizione pietosa da caldo“.
Ti potessi scopare saresti messa peggio, ti garantisco.
La mia biondina acqua e sapone è un’accozzaglia di vestiti sbagliati, male abbinati, cadenti sui lati. Mi viene da sbucciarla di ogni strato inutile per arrivare alla polpa. Chiacchiera con un’espansività che e carattere e una vitalità che è anagrafica, ma sarei disposta a passare sopra ai suoi trent’anni pur di ficcarla tra le mie gambe a usare la lingua restando zitta. Larga, piatta, calda. Mi bagno solo a pensarci. Parla dei suoi problemi sentimentali mente seguo la discesa libera di una goccia di sudore dalla sua fronte fino alla guancia arrossata. Lì le ho appoggiato la mano la prima volta che con slancio imprevisto si è allungata per baciarmi amichevolmente. Le ho afferrato la faccia frenando in tempo ogni impulso di infilarle la lingua in bocca per risucchiarla come aperitivo. Mi fa sangue la mia biondina. La porterei a casa come un cucciolo e dopo averci giocato la regalerei al mio Padrone rendendolo felice.
Al prossimo viaggio.

Dissertazioni genitali

Bada a come parli

Quella serata di confidenze sul divano, con un bicchiere in mano, la musica che gira in vinile e la testa leggera. Nonostante, o soprattutto, per l’amicizia di anni, gli sguardi si tuffano nelle reciproche scollature e i miei piedi nudi si strusciano sul tuo fine-gambe fino a giocare con le tue mutande che ci conosciamo così bene che non ci sono equivoci possibili e se ci scappa una leccata sul collo non ne facciamo mica un caso. Poi da lì si vede dove si finisce. Che già durante la manicure che hai voluto improvvisare, parlando disinvolta di letteratura, invece di bagnarmi le dita nella vaschetta d’acqua te le infilavi in bocca succhiandole una per una e sono quei particolari che una poi tende a notare e ci fa due conti sopra. E quando poi si arriva all’argomento anticipato nella pratica dei gesti, tu unisci gli indici e i pollici delle mani a formare il rombo delle femministe e accenni alla mia “fichetta”. Fichetta?!!! Fichetta c’è l’avrai tu! Io se permetti ho una Fica, anzi, una Figa che dalle mie parti si dice così, che abbiamo superato gli “anta” già da un po’ e i vezzeggiativi lasciamoli a chi ha bisogno di nascondersi dalle parole. Se vuoi parlare della mia figa chiamala Figa e se vuoi parlare alla mia figa inizia col farlo adeguatamente al mio cervello che senza quello non si comincia nemmeno. Quindi cara, te lo dico col cuore: bada a come parli della mia figa!