Racconti erotici

Differenze stilistiche

Lenzuola immacolate, bianche, stirate, tese sul letto dove corpo di donna giace, le cosce aperte ad ospitare un corpo di uomo che leggero muove i propri lombi scivolando da un fuori a un dentro e da un dentro a un fuori con ritmata costanza fino a un gemito di lei che gli si aggrappa alle spalle, fino a un grido soffocato di lui che le si svuota dentro e leggero le si affianca sospirando.


Lenzuola macchiate di umori, pregne di odori, aggrovigliate, ammonticchiate, cadute dal letto dove corpo di donna si scuote, divincola, contrae, le cosce spalancate, divaricate dall’uomo che con forza la sbatte stringendole la gola, tenendola per i capelli, schiacciandola col peso del proprio corpo, ritmando senza costanza, cadenza alternata, variata, improvvisata, spingendo come gli pare, rimbalzando la carne nella carne, affondando in liquido rumore e tonfo di bacini che sbattono, fino all’esausta conclusione di corpi sfatti accasciati l’uno sull’altro in un’unica massa. Una fusione perfetta che non trova ragione in un semplice orgasmo.


A ognuno il proprio.

Racconti erotici

Devozione

downloadGli occhi offuscati, la bocca aperta in un grido muto, incapace di pensare, senza nessuna volontà e desiderio di farlo: Lui decide, io godo e basta. Il suo sguardo m’inchioda al letto, immobile, scossa solo dai colpi di bacino coi quali affonda il suo cazzo in me, senza nessun riguardo, delicatezza, attenzione, sbattendomi come una cagna deve essere sbattuta, col rumore dei corpi che impattano, e del liquido della mia eccitazione che accoglie il Padrone. Strette le mani attorno alla mia gola, il suo peso mi schiaccia le gambe che ha appoggiate alle spalle. Mi manovra come fossi un oggetto, mi sposta sul letto, mi spinge, mi tira, mi gira, mi alza le gambe. Improvvisa mi arriva una sberla. Repentina, non forte, ma decisa. Affermazione di possesso, evidenza di dominio. La sorpresa mi toglie il fiato. Secondi di incredula sospensione poi il furore mi acceca, mi priva d’ogni avanzo di raziocinio, lasciandomi solo istinto. Un animale montato. Occhi negli occhi, combatto una guerra persa che non voglio vincere, ma lotto per resistere e godo e mi contorco e urlo di piace e ribellione e sfida. Sostengo il suo sguardo per secondi che dilatano il tempo e si fanno perenni, poi cedo, abbasso gli occhi, chino la testa, mi faccio mansueta. Vinta, consapevole che Lui ha di nuovo alzato l’asticella dei miei limiti.
“Non ti lascio andare, cagna, lo sai.”
Lo so. Anche per questo gli sono devota.

Collaborazioni, Racconti erotici

Racconto anonimo

Pubblico il racconto di un amico. Grazie per avermelo regalato… tu sai quanto io l’abbia apprezzato.


Incollo le labbra alle tue. La mia lingua si fa strada fino a incontrare la tua. La sensazione è quella che si aggroviglino, per quanto le dimensioni non lo consentano davvero. Porto una mano dietro la tua nuca. Abbiamo gli occhi chiusi: ne ho la conferma quando li apro per guardarti. Le nostre bocche che si lasciano e si prendono hanno un suono liquido, rotto da schiocchi improvvisi. Infilo una mano sotto la tua gonna alla ricerca della tua fica che so di trovare già bagnata. Scosto il bordo dello slip con l’indice e, lentamente, arrivo a sfiorarla. Lo spingo fra le labbra, avendo la conferma di quanto pensavo. Lo faccio andare su e giù, bagnandomelo. Il mio corpo preme contro il tuo, schiacciato contro il muro. Sollevi una gamba e la porti dietro al mio culo. Infilo le mani sotto le tue natiche e ti sollevo di peso. Alzi anche l’altra gamba e incroci i piedi dietro di me, avvinghiandoti. Tiro fuori il cazzo duro e te lo struscio fra le cosce poi, spennellandola, sulla fica. Ti strappo via gli slip e premo il cazzo fra le tue labbra. Non serve più che ti sorregga con le mani, schiacciata come sei fra il mio corpo e il muro. Ti sbottono la camicetta, facendo saltare un bottone. Affondo la testa fra i tuoi seni. Prendo un capezzolo fra le labbra a pinza e lo succhio; lo mordo, facendo inarcare il tuo corpo. Ti lasci sfuggire un gemito di dolore, ma non mi fermo. Con una spinta decisa del bacino, il mio cazzo ti entra dentro, tutto, fino alle palle. Ti afferro di nuovo per le natiche. La mia bocca va da un capezzolo all’altro. Li lecco, li mordo; a lingua aperta percorro tutto l’incavo fra i tuoi seni per tornare infine a girare con la punta intorno alle areole. Li mordo ancora. Pompo dentro di te con forza, con ferocia. Arrivo a fondo dentro di te, le mie palle ti sbattono fra le cosce, il tuo corpo viene sbattuto contro il muro. Hai un brivido per il contatto col freddo della parete. Sei aggrappata al mio collo, con i piedi sempre incrociati dietro al mio culo. Hai il capo reclinato, non pensi ad altro che a farti scopare, a goderti il senso di riempimento che arriva a ogni colpo del mio bacino, ogni volta che il mio cazzo bollente ti entra tutto dentro. Appoggi la testa su una mia spalla e mi stringi ancora più forte, gemendo e ansimando. Sento che stai per venire. Aumento la frequenza e l’intensità delle pompate, come se volessi entrarti dentro, dietro al mio cazzo, come se volessi spingerti dentro anche le palle. Affondo le unghie nelle tue natiche. L’odore delle tue ascelle sudate mi rende una furia e non riesco più a controllare il mio corpo. Basterebbe un nonnulla per farci franare entrambi a terra, perdendo l’equilibro. Mi stringi così forte che respiro a fatica. L’urlo con il quale godi lacera il silenzio della stanza e il tuo orgasmo trascina con sé il mio. Sento i getti del mio sperma riempirti, li sento passare come una corrente che va dal mio corpo al tuo. Ansimi, affondo i denti nella mia spalla. Ti lecco il viso, poi ti mordo un labbro, prima che i nostri corpi rallentino e un’infinita dolcezza si impossessa di noi per prendere il posto della furia devastatrice della scopata appena finita. Sfilandomi, sento la mia sborra scorrere giù lungo le tue gambe.

Mi sveglio in un lago di sudore. Fatico a rendermi conto di dove sono. Perfino di chi sono. Il primo contatto familiare è quello con pelo corto del tappeto. Poi la coperta che ho addosso. Mi sono sborrato addosso, fra le cosce. Alzo gli occhi e vedo il letto. Raccolgo lo spermo con le mani e lo ingoio. Mi alzo, attento a non far rumore e ti vedo: sei nel letto, più scoperta che coperta da un lenzuolo. Sei aggrappata allo stallone che hai scopato ieri sera. Il tuo magnifico corpo si solleva ritmicamente. Il tuo viso è sereno, soddisfatto. Lui ha un’erezione notturna. Ho voglia di sfiorare quell’enorme cazzo lucido, ma mi trattengo. Non mi trattengo, invece, dal leccarti i piedi, sicuro di non svegliarti. Ho di nuovo il cazzo duro. Sgattaiolo silenziosamente in bagno e vado a farmi una sega, annusando un paio di tuoi slip sporchi. Per non far rumore, mi sborro in mano e poi la lecco.

Torno ai piedi del letto. Vi guardo ancora: il tuo corpo reso ancora più bello dal sonno; il suo, lucido, magnifico, muscoloso. Mi accuccio sul tappeto e mi tiro su la coperta. Rassicurato, sorridente, mi addormento di nuovo.

Brevissime bdsm

Brevissime di Molly

Inginocchiata a terra, piegata pancia e viso sul materasso.
Braccia legate dietro la schiena ai piedi opposti del letto.
“Ci vediamo dopo” e mi benda gli occhi.
Lo sento trafficare nell’altra stanza.
Ritorna.
“Ci sentiamo dopo” e mi mette cuffie stereo. Sparano i Deep purple ad alto volume.
Rapita totalmente dalla musica tengo il ritmo sculettando.
“Che fai Molly scodinzoli?  vuoi la tua coda?”
“No Padrone, sto ballando!”
Non gli è piaciuta! Eh, non gli è proprio piaciuta…

Racconti erotici

Attese distese

Sdraiata sul letto nel tardo pomeriggio godo del refrigerio del condizionatore. La camera è in penombra, quasi al buio che la luce è calore in estate, anche quando non batte il sole. Sto ad occhi chiusi in attesa, ad ascoltarmi respirare. La doccia ha lavato via il sudore di una giornata, due viaggi, un lavoro, commissioni. Ora ho fatto tana e non mi muovo più. La chiave nella toppa, la porta che cigola e poi sbatte, il passo del Padrone. Chiavi sul tavolo, frigo che sia apre, tintinnare di bottiglie, la porta del bagno, rubinetto, sciacquone… peccato!
Immobile aspetto di vederlo entrare in camera, salutarmi, baciarmi, guardarmi nuda distesa coi piedi sui cuscini, anche il suo, per sfida.
Non accende la luce ma dal corridoio filtra. Non saluta e non bacia, ma guarda. Si sofferma sul mio piede destro appoggiato al suo cuscino. Gli sorrido sorniona con la testa rovesciata. Non ricambia. Fa il giro del letto mi afferra l’alluce e sposta il piede dal guanciale.
Squilla il mio cellulare.
“E’ la telefonata di lavoro che aspettavo, non sarà una cosa breve…”
Lui non risponde, mi allunga il telefono da sopra il comodino e comincia a spogliarsi. Io rimango a fissare il soffitto parlando al cellulare, giocando a spostare i cuscini coi piedi. La sua presenza nella stanza diventa sottofondo, finché non mi ricorda che non devo dimenticarlo. Mi allarga le gambe tirandomi verso il bordo del letto e tuffa la testa nella mia figa. Mi si tronca la frase a metà, mi sfugge un urlo di sorpresa, mi scuso al telefono “no, nulla, sono scivolata.” Sgrano gli occhi e lo guardo mentre la sua lingua fa il giro delle mie grandi labbra. Mi solleva le gambe piegandole sul petto e ogni movimento provoca sussulti da nascondere al microfono. Mi fissa sorridendo ora, ma non di cortesia. Riprendo a parlare ostentando calma, scegliendo le parole come avessi smarrito improvvisamente il vocabolario. In ansia aspetto il momento in cui si getterà sul mio clitoride e lui, per farlo, aspetta il momento in cui porterà maggior danno alla mia conversazione e di nuovo mi si strozza la voce e tossisco forzata per dissimulare. Dall’altro capo del telefono inizia un lungo monologo che chiarisce date, orari, sequenze di eventi, nomi, luoghi. A malapena riesco ad annuire, figuriamoci a capire. Non dover parlare argina i danni, ma il Padrone smette di leccarmi e avvicina il suo cazzo alla mia figa aperta. Scuoto la testa pregandolo con gli occhi di non infierire, come se non sapessi di ottenere l’effetto opposto. Ingenua… Forse. Inizia a scoparmi con colpi decisi ed ad ognuno sussulto e devo tapparmi la bocca da sola per non farmi sentire al telefono. Mi toglie la mano, la blocca sul letto, allontano il cellulare dalla bocca. Un suono indistinto di parole all’altro capo. Ogni tanto annuisco all’apparecchio tra un sussulto e l’altro. Poi finalmente si tace. Saluto veloce pregando di inviare un promemoria scritto, “vedi mai mi sia sfuggito qualcosa”. Nel momento in cui spengo il cellulare, Lui smette di scoparmi e si sfila da me. Ci vogliono scuse e preghiere e moine perché infili due dita nella mia figa e inizi a frugare fino a farmi squirtare.
Domani leggerò la mail al lavoro.

Racconti erotici

Scaramucce pomeridiane

La schiena nuda del mio Padrone sdraiato sul fianco mi scatena improvviso il desiderio di affondarci i denti. Seguo l’istinto, mi avvicino, mi infilo a cucchiaio dietro di lui e gli assesto tre colpi di bacino a sodomizzare virtualmente il suo splendido culo. “Dai, gli dico, uno strap-on piccolo piccolo…” mugugna il suo no-forse-vediamo mentre continuo a colpire di bacino il suo culo. Sopporta finché non lo mordo sul dorsale destro. Con uno scatto inarca la schiena dal dolore e allungando all’dietro il braccio mi assesta una pacca sulla coscia. Per nulla sedata affondo le unghie nella sua schiena, si gira mi afferra una mano, con quella libera lo sculaccio mentre gli mordo una spalla e allora mi inchioda al materasso stringendomi il collo: “Se non la pianti ti metto la coda!” mi sibila col ghigno. “Perché non la metti tu?!” lo provoco. “La coda è tua, cagna, e tu la metti, chiaro?!” Stringe il collo mi guarda, mi quieto quel tanto che basta perché allenti la presa. Sa che non è il momento, sono nervosa, non ho la testa per perderla come dovrei e vorrei. Un breve riposo e si cominciano a fare le valige per il rientro. “Sta buona e dormi!” Un ultimo avvertimento e si gira sul fianco dandomi le spalle. La sua schiena mi suscita feroce la voglia di graffiarla. Devo chiudere gli occhi per distrarmi e tentare di assopirmi, ma la mia mente vagabonda tra pensieri. “Dormi adesso e smettila di andare in giro” mi ammonisce. “Ma come fai, senti le rotelle del mio cervello che girano?” “Si. Le sento! Zitta e dormi.” 
Mi giro dall’altra parte per non guardargli la schiena. Mugugno, mi agito, sbuffo, insopportabile capricciosa, mi rigiro, lo guardo, allungo una mano a toccargli il cazzo “Perché non infili questo coso moscio nella mia figa?”, stavolta s’incazza, mi afferra la testa per i capelli “Moscio?! Lavoraci su allora cagna!” E me lo ficca in bocca a farlo crescere nella mi gola finché mi gira e mi scopa da dietro. Poi si ferma: “Forza, continua tu che io mi riposo!” Io mi muovo sbattendo il culo contro il suo ventre, poi disobbedisco, mi sfilo all’improvviso, mi riprende, si sdraia di schiena e finisco tra le sue gambe serrata dalla stretta della destra. Lì improvvisamente mi quieto, la guancia appoggiata sul suo pube, l’odore famigliare del suo cazzo attaccato alla mia faccia, la sua mano che alle t la pres dai capelli e mi accarezza la testa. Sono a casa. Lui sente i miei muscoli rilassarsi e mi lascia addormentarmi così, al sicuro, tra le sue gambe. 

Racconti erotici

La pineta

A passo veloce io e il Padrone affrontiamo affiancati il percorso podistico nella pineta che costeggia il mare. I sentieri che si intrecciano portano alla spiaggia o all’interno. Biciclette addossate ai cespugli segnalano la presenza dei villeggianti oltre le dune sabbiose. Alle quattro del pomeriggio incrociamo poche persone. Il Padrone rallenta e mi lascia avanti di un paio di passi. “Che fai Padrone, mi guardi le spalle?” Non mi risponde. Sento che traffica con lo zainetto, un rumore metallico e da dietro una striscia di cuoio mi prende alla gola. Infila la fibbia della cintura e mi stringe un collare improvvisato che mi blocca dalla sorpresa. Lui strattona, mi porta a spasso per alcuni metri poi mi fa proseguire a quattro zampe tra pigne e sabbia. Sporgo il culo eccitata desiderando la mia coda. Da dietro la curva rumori di presenze ci costringono ad interrompere. Incrociamo dopo poco una coppia con due cani e ci ammicchiamo complici. Alla prima rientranza mi spinge e ci inoltriamo nella boscaglia. Arriviamo ad un pino poco distante dal sentiero principale, mi ci appoggia contro con la faccia e mi abbassa i pantaloni. Il suo cazzo sfrega contro il mio culo mentre la corteccia friabile mi si sbriciola tra le mani e le formiche mi camminano sulle braccia. Le sue mani sotto la mia maglia fanno attrito con la pelle sudata. Mi stringe i capezzoli con le dita, poi mi gira e mi fa inginocchiare davanti a sé infilandomi il cazzo in bocca senza complimenti. Lo faccio crescere succhiandolo come gli piace e quando è soddisfatto mi solleva e mi riappoggia contro l’albero preparandosi a riempirmi, ma improvviso arriva il vociare di gente che si avvicina. Troppo esposti, ci tocca rimandare. Tanto domani mi porta fuori per un’altra passeggiata.

Racconti erotici

Scarpe nuove

Tornando dal lavoro, nel pomeriggio, stranamente lo trovo a casa ad aspettarmi. Mi accoglie con un bacio e un pacco regalo. Lo apro sorpresa e trovo le scarpe che tanto volevo: sandali neri, tacco 12, laccetto alla caviglia. Non faccio in tempo a ringraziarlo come vorrei che mi ferma: “li indosserai stasera, ho chiamato alcuni amici a cena. Vieni, cuciniamo assieme”. In un paio d’ore prepariamo un pasto freddo improvvisato niente male. Tutto dev’essere pronto sulla tavola quando arriveranno gli ospiti che si ostina a non volermi dire chi siano, ma mi detta il dress code per la serata: l’ultimo intimo comprato assieme, nero trasparente, col reggicalze abbinato e, ovviamente, le scarpe nuove. Nient’altro.
Accoglie gli ospiti sulla porta, mai visti prima, li invita ad entrare, e offre loro un aperitivo, poi mi presenta come il dessert. “Nessuno la tocchi prima”. Sa farmi aspettare il mio padrone.
Si accomodano a tavola, ma prima che possa sedere al mio posto, lui mi appoggia il piatto per terra, la faccia al muro, in modo che per mangiare a quattro zampe debba mostrare il culo agli invitati, invogliare i commensali. Non so chi sia il primo a chiedergli il permesso del dessert. Non lo vedo in faccia. “Prego” dice lui cortese e me lo immagino con la mano tesa a mostrare la sua ospitalità. Sono già così fradicia che quello ci mette un secondo a infilarmelo nella figa e mentre mi monta con foga, sbrigativo, la conversazione e al tavola non si ferma, ma so che il mio padrone mi guarda, osserva, vigila su di me. Il secondo preferisce il culo e ci mette più tempo. È lento e preciso nei movimenti, uno a cui piace gustarsi un buco e mi lascia sfinita sul pavimento. Il terzo, schizzinoso, annuncia che non vuole entrare dove sono stati gli altri e mi scopa la bocca, ma senza riempirla come farebbe il mio padrone che lo ferma poco prima che venga: “non in bocca, quella è mia!”
Se ne vanno stringendogli la mano, ringraziano per la cena, senza nemmeno accennare a me e quando chiude la porta il mio padrone mi guarda, stesa a terra, sfinita, usata. Mi solleva delicato la testa: “Hai gli occhi che ti brillano, ti è piaciuto vero?!” Io gli sorrido felice mentre mi accompagna in doccia e so che lì mi farà godere.

Sulla poltrona gialla, le gambe aperte sui braccioli, le scarpe nuove ai piedi, lui ha due dita nella mia figa già da un po’. Termino di raccontargli la mia fantasia, col finale nella doccia e vengo in un lungo orgasmo, con un urlo contenuto dai vicini in ascolto. Lui mi guarda. Si è tirato in piedi mentre si masturba. “Allora, che ne dici, ti è piaciuta la mia storia? Lo inviti qualche amico a cena?”
“Scordatelo! Tu sei mia! Non ti condivido” E mi viene in faccia.

Racconti erotici

Shooting

ShootingFinalmente mi ha portata in studio per farmi quelle foto che da tanto volevo. Mi ha dato istruzioni su cosa portare, su cosa mi vuole vedere addosso. Arrivo in studio un po’ emozionata. Anche se sempre scatta col cellulare mentre mi scopa, lì dove lavora non c’ero mai stata, non così. Indosso il suo corsetto preferito, reggicalze, il tacco e mi appoggio allo sgabello come dice lui, sotto le luci. Non pensavo mi imbarazzasse tanto il set e la macchina fotografica. Non riesco ad essere spontanea, ma il mio padrone sa come mettermi a mio agio. Punta l’obiettivo, toglie l’occhio dal mirino e mi fissa: “Guarda me!” Mi scopa con gli occhi e io mi sciolgo, ma solo quando mi mette il collare sono finalmente libera. Lui scatta, mi tocca, mi sposta, scatta, mi lega, mi parla, scatta, mi ordina e scatta, “leccami” e scatta, gli do il mio guinzaglio e scatta, lo tira, m’infila le dita nella figa e scatta, mi gira, mi sdraia e scatta. Mi scopa. Poi scatta. Mi accarezza. Mi da la sua Nikon, mi apre le gambe, ci infila la testa e inizia a leccare: “E adesso scatta!”